Di Maria Pecciarini –
“Ormai l’inglese lo sanno tutti”: ecco cosa dire se puntate a far andare su tutte le furie un interprete o un traduttore! Infatti, forse è vero che ormai quasi tutti se la cavano con l’inglese, ma sapere la lingua è davvero un’altra cosa. Per non parlare del fatto che conoscere bene una lingua straniera non significa affatto saperla utilizzare in interpretazione o in traduzione. Se pensate che l’inglese sia una lingua estremamente semplice e ormai universale, quest’affermazione forse vi stupirà: la combinazione italiano-inglese in simultanea è, in realtà, una delle più insidiose. Ecco perché!
1. La struttura sintattica
In italiano tendiamo ad utilizzare espressioni prolisse e a legare una subordinata dopo l’altra in un groviglio di condizionali e congiuntivi. Poiché per alcuni questo fa apparire lo stile del discorso più elevato, a volte viene addirittura preferita la complessità sintattica alla chiarezza semantica. Ma se in italiano questi tipi di discorsi funzionano (più o meno), in inglese non hanno assolutamente senso. L’inglese vuole frasi chiare, brevi, concise. In inglese lo stile di esposizione più elegante non è quello complesso, ma quello più lineare possibile. Di conseguenza, ricalcare la struttura italiana in inglese porterebbe al fallimento totale della comunicazione. Ecco allora dove interviene l’interprete: quando ascolta il discorso in italiano, scova il significato di fondo sbrogliando la matassa di paroloni italiani, “spezzetta” il tutto in piccole unità sintattiche o di senso (il cosiddetto chunking), e produce un discorso d’arrivo che trasmette lo stesso significato di quello originale, ma che invece di una mise barocca indossa un outfit più minimalista.
In università, spesso i professori di inglese ci ripetevano: “fate finta di non parlare a un pubblico adulto, ma a bambini di tre anni!”. Per un italiano all’inizio è difficile fidarsi di questo consiglio, ma funziona davvero così! Questo procedimento di semplificazione richiedeesercizio, senza il quale nemmeno un perfetto bilingue può fornire un servizio di qualità. Gli interpreti professionisti passano anni ad affinare questa tecnica, e sono pronti a metterla al vostro servizio per garantire il successo del processo comunicativo.
2. La proverbiale “aria fritta”
Nella retorica inglese, il messaggio principale è sempre estremamente chiaro ed evidente, non è necessario scervellarsi per interpretare le parole dell’oratore. In italiano invece, anche a causa della già menzionata complessità sintattica, può essere davvero un’impresa capire le intenzioni comunicative di un relatore. Alcuni oratori italiani sono in grado di parlare per ore senza dire, in sostanza, assolutamente nulla. L’inglese, purtroppo o per fortuna, non ammette questo tipo di retorica. Cosa fa allora l’interprete? Mission impossible: cerca disperatamente un senso anche laddove questo è assente o del tutto inintelligibile, e produce un discorso fedele all’originale ma, allo stesso tempo, adatto ad ascoltatori anglofoni.
Ancora una volta, questa è una tecnica che gli interpreti studiano, che affinano con l’esercizio e con la pratica, e che richiede tempo e dedizione per essere perfezionata.
3. Vade retro traduzioni letterali!
Come si è accennato anche nei punti precedenti, quando si traduce in inglese è fondamentale “staccarsi” dal testo italiano e immedesimarsi nell’ascoltatore madrelingua inglese. Le rese letterali, che sul momento sembrerebbero la scappatoia più immediata, e che sono tipiche degli “interpreti improvvisati”, creano solo una gran confusione. Ecco un brevissimo aneddoto esemplificativo raccontatomi da un’amica e collega interprete: durante una conferenza, si è trovata a condividere la cabina con una non professionista. Quando l’oratore italiano ha fatto ricorso all’espressione “siamo noi a trainare il carro”, la compagna di cabina non ha cercato di trasmetterne il significato tramite parafrasi o di trovare un corrispondente inglese, ma ha pensato bene di optare per un bellissimo “we train the carriage”. Considerando anche il fatto che “train” non vuol dire “trainare” ma “allenare”, chissà cosa avrà capito l’ascoltatore inglese!
Ecco dunque perché l’interpretazione simultanea non è una professione che si può improvvisare, e perché è importante mettersi nelle mani di professionisti competenti, indipendentemente dalla combinazione linguistica. Se non siete ancora convinti, provare per credere: una volta sperimentata la qualità dei professionisti, non tornerete più indietro!
L’autrice
Mi chiamo Maria Pecciarini e sono un’ interprete e traduttrice freelance di madrelingua italiana; le mie lingue di lavoro sono il russo e l’inglese. Mi sono laureata in Interpretazione alla SLLTI (ex SSLMIT) di Forlì, e durante la mia formazione ho affinato la conoscenza delle lingue studiando e lavorando a Mosca, a Cambridge e in Irlanda. Ciò che adoro della professione dell’interprete è la varietà dei settori con cui si viene a contatto: alcuni dei campi che questo lavoro mi ha portato ad approfondire sono la moda, l’istruzione, la pasticceria, l’ecologia, macchine strumentali, l’oil e gas, lo sport, la religione e molti altri. Non esitate a contattarmi: potete trovare il mio numero di telefono, la mia mail e il mio profilo LinkedIn in cima alla pagina!