Di Anna Maria Corda –

A proposito di traduzioni affrettate, Google Translate e affini, vorrei raccontare alcuni aneddoti che riguardano la mia professione nel campo turistico. Durante lunghi anni di esperienza, infatti, ho avuto spesso a che fare con traduzioni decisamente bizzarre, anche se non sempre dovute a traduttori automatici.

Come quella volta in cui la Direttrice Commerciale di un tour operator inglese, non riuscendo a inviarci il contratto firmato via fax (sì via fax, è stato tanto tempo fa!), ci disse che l’avrebbe scannato e inviato via mail. Vi lascio soltanto immaginare le battute che si scatenarono nell’ufficio in cui lavoravo, al pensiero di questo povero contratto che certamente non meritava una fine del genere. In questo caso, i traduttori automatici non c’entrano, è stato solo un tentativo maldestro da parte della manager britannica (che tra l’altro, parlava un buon italiano) di inventare una parola che non conosceva, partendo dall’inglese scanned, e creando un calco in italiano poco plausibile.

Chi invece fece probabilmente ricorso a Google Translate fu una simpatica signora inglese, che aveva prenotato un hotel nel nord Sardegna. Questa cliente aveva due figli piccoli, e avendo letto sul sito le regole riguardanti le attività per bambini, ci chiese preoccupata di ammettere anche il suo bimbo di un anno e mezzo al “presepio”. Se vi state chiedendo se la signora intendesse il presepe vivente o quello semplice che si fa in casa, ma soprattutto perché in Sardegna in piena estate facciamo il presepio, vi invito a fare un passo indietro e a cercare “presepio” sul traduttore o su un dizionario. Scoprirete così che il desiderio della signora era semplicemente quello di iscrivere il suo bimbo al baby-club (da crèche), e non certo fargli fare il pastorello in sacre rappresentazioni fuori stagione.

Fonte: www.wordreference.com

Visti i risultati apprezzabili, la nostra futura ospite pensò di chiederci anche se per caso avessimo delle culle nel “vivaio”. So che in questo momento state immaginando delle tenere piantine intente a fare il loro pisolino pomeridiano, o delle piccole aragoste alle quali la mamma ha appena rimboccato le coperte. Per quanto queste due immagini siano divertenti e in un certo modo poetiche, la spiegazione è molto più realistica: la nursery infatti in inglese, oltre ad essere un luogo in cui ci si prende cura dei bambini, è anche il “vivaio”, ovvero uno spazio in cui si coltivano le piante.

Fonte: www.collinsdictionary.com

Ma un caso che rimane uno dei miei preferiti in assoluto è quello di un’agente di viaggio spagnola, che ci scrisse un giorno per chiedere dei servizi aggiuntivi per i suoi clienti Diez, che apparentemente non erano presenti sul nostro sistema. Fu un vero rompicapo! Non trovare una prenotazione può diventare un vero problema quando l’hotel è al completo. L’agente spazientita decise di rimandarci la sua mail scritta in inglese, con tanto di conferma da parte nostra. A quel punto, il mistero trovò una spiegazione. La nostra cara collega spagnola, poiché non era sicura di trovare qualcuno che parlasse la sua lingua, aveva pensato di tradurre interamente la sua mail in inglese (INTERAMENTE). Fu così che i clienti Diez erano diventati come per magia i clienti Ten! I quali naturalmente avevano la loro bella camera prenotata da noi!

5 Replies to “Un dieci è sempre un dieci: ridere degli strafalcioni linguistici!”

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