Di Sara Mattesini

Quante volte abbiamo sentito qualcuno dire “non so cosa vuol dire, aspetta che guardo sul traduttore”? Quante volte nel mondo della traduzione si è sentito parlare della traduzione automatica e della sua qualità o della traduzione automatica come “minaccia” per la sopravvivenza del traduttore professionista? Tuttavia, in questo articolo non vorrei concentrarmi su nessuno di questi aspetti né su alcun tipo di considerazione sulle potenzialità o sui limiti dei sistemi di traduzione automatica ma vorrei ripercorrere con voi la storia della traduzione automatica fino ad oggi, analizzando da dove siamo partiti a dove siamo arrivati.

I primi studi puramente teorici sulla traduzione automatica risalgono agli anni Trenta del secolo scorso, sebbene si debba aspettare poi fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, affinché la crescente necessità di tradurre testi redatti in lingua straniera legata alla Guerra Fredda e l’avanzamento tecnologico diano la spinta necessaria allo sviluppo dei primi sistemi di traduzione automatica. Nel 1949 Warren Weaver, considerato ad oggi il vero e proprio padre della traduzione automatica, pubblica il suo Memorandum dove illustra una visione così ottimista delle applicazioni della traduzione automatica da dare definitivamente una forte spinta alla diffusione di nuovi studi. Le aspettative in relazione alla traduzione automatica sono molto elevate e ciò si acuisce ulteriormente con lo sviluppo dei primi sistemi di traduzione rule-based basati su un approccio diretto, in cui il processo traduttivo si basa su regole di natura linguistica e la traduzione è preceduta da una prima forma di analisi linguistica del testo da tradurre (sebbene il tipo di analisi vari a seconda dell’approccio utilizzato). In questo stesso periodo, il forte interesse per il tema della traduzione automatica è dimostrato anche dall’organizzazione, nel 1952, della prima conferenza incentrata sul tema della traduzione automatica presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT).

Nel 1966, tuttavia, si registra una forte battuta d’arresto in seguito alla pubblicazione del rapporto dell’ALPAC – comitato istituito negli Stati Uniti per condurre uno studio sulle potenzialità della traduzione automatica al fine di stabilire se essa rappresenti un interessante ambito di ricerca su cui investire – in cui vengono confutate tutte le previsioni ottimiste degli anni precedenti. Il comitato ritiene che da un punto di vista concreto la traduzione automatica sia inutile, in quanto la domanda di traduzioni non sarebbe così elevata, respinge l’ipotesi che la traduzione automatica riduca i costi e i tempi legati ai servizi di traduzione e sottolinea che non sia possibile prospettare un uso immediato della traduzione automatica. Inoltre stando a quanto riportato nel rapporto, il comitato non avrebbe individuato alcun sistema tra quelli disponibili la cui qualità fosse sufficientemente buona, esprimendosi quindi definitivamente a sfavore del finanziamento e della creazione di nuovi studi sulla traduzione automatica, incentivando invece ulteriore ricerca nell’ambito di software di aiuto per i traduttori e nell’ambito della linguistica computazionale.

Negli anni ’70 si assiste poi ad una ripresa del settore della traduzione automatica legato ad un primo cambio di direzione in relazione ai tipi di sistemi sviluppati: la ricerca inizia a concentrarsi sulla creazione di nuovi sistemi di tipo transfer-based (con i quali la traduzione avviene in maniera indiretta, passando per una rappresentazione intermedia del testo di partenza) ritenuti più promettenti rispetto ai precedenti sistemi di traduzione automatica diretta. Oltre alla programmazione di sistemi transfer-based, in questa fase molti studi iniziando a incentrarsi sulla creazione di nuovi sistemi interlingua-based (in cui la traduzione si basa su una rappresentazione intermedia indipendente da qualunque lingua naturale chiamata, appunto, interlingua) ritenuti più efficaci rispetto ai precedenti all’inclusione negli studi sulla traduzione automatica dei progressi relativi alla ricerca in merito all’intelligenza artificiale.

In questo periodo vengono sviluppati alcuni tra i sistemi di traduzione automatica più noti, come il sistema Systran, creato nel 1968 ed utilizzato poi anche dalle istituzioni europee. Dalla metà degli anni ’70, infatti, la domanda di sistemi di traduzione automatica aumenta significativamente soprattutto a livello istituzionale, poiché vista la quantità di traduzioni richieste, si considera necessario sfruttare i progressi fatti nell’ambito della traduzione automatica per l’ottimizzazione dei servizi di traduzione interni alle istituzioni.

A partire dalla fine degli anni ’80 si inizia a lavorare anche su un nuovo approccio volto alla creazione di sistemi cosiddetti corpus-based, ossia sistemi statistici basati sull’utilizzo di corpora paralleli o monolingue e la cui idea di base è la traduzione per analogia. All’interno di tale tipologia di sistema, che per molti anni ha rappresentato lo stato dell’arte nell’ambito della traduzione automatica, si distinguono due modelli: quello dei primi sistemi sviluppati detto word-based, in cui l’unità fondamentale è la parola, e quello phrase-based, in cui l’unità fondamentale è il sintagma o una sequenza di parole.

Dalla fine degli anni ’90 ad oggi, l’integrazione degli studi sulla traduzione automatica con i progressi fatti nell’ambito dell’informatica e dell’intelligenza artificiale ha determinato lo sviluppo dei sistemi di traduzione neurali basati sul Deep Learning e composti da reti neurali, due concetti nati al di fuori della disciplina della linguistica computazionale e solo in seguito applicati alla traduzione automatica. Già negli anni ’90 sono stati proposti dei modelli estremamente simili agli attuali sistemi neurali, tuttavia l’idea è stata abbandonata negli anni successivi a causa delle risorse informatiche allora inadeguate per sviluppare tali sistemi. La riaffermazione dei metodi neurali nell’ambito della traduzione automatica si verifica circa all’inizio della scorsa decade quando si è iniziato a sviluppare concretamente sistemi di traduzione automatica basati sull’utilizzo di reti neurali integrate ai sistemi statistici. Successivamente la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di sistemi puramente neurali arrivando alla loro affermazione a partire dal 2016, quando in occasione della conferenza incentrata sulla valutazione dei sistemi di traduzione automatica un sistema puramente neurale si è dimostrato migliore dei sistemi statistici in quasi tutte le combinazioni linguistiche.

Certamente non si può – e non si deve – negare che la traduzione automatica abbia fatto enormi passi avanti nel corso degli anni, in particolare con l’integrazione delle tecnologie legate all’intelligenza artificiale. Tutti ricorderemo quando, pochi anni fa, ridevamo delle traduzioni più disparate proposte da Google Traduttore come it’s raining cats and dogs = piove cani e gatti. Tuttavia non dobbiamo farci ingannare, anche Google impara dai suoi errori!

 

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