Di Maria Laura Morgione –

Il mondo degli esperti linguistici è ricco di professionisti che operano in campi non troppo dissimili fra loro, ma specifici.

I due macrosettori sono senz’altro le traduzioni scritte e l’interpretazione orale, ma la creatività del singolo professionista unita all’attenzione nei confronti delle richieste del mercato crea ogni anno nuove professioni, a volte a metà strada fra le traduzioni e le interpretazioni.

C’è anche chi si appassiona di sbobinatura e si diverte a trascorrere le ore trascrivendo, spesso già tradotti, i dialoghi di film, serie TV, servizi giornalistici e tanto altro.

Chi si occupa di sottotitolaggio sviluppa competenze ibride fra le traduzioni e le interpretazioni e possiede nozioni di copywriting perché i testi tradotti a volte devono essere “localizzati”, cioè resi fruibili per il pubblico della lingua d’arrivo.

Una delle esperienze più belle per me è stata lavorare a Cinecittà per due volte – a ottobre 2017 e ad aprile 2018 – negli studi del programma RAI Nemo – Nessuno escluso. I ritmi della televisione sono serratissimi, ma per un interprete abituato ad argomenti tecnici è un grande piacere occuparsi di temi di attualità come le tratte dell’immigrazione, i diritti sociali e le mode europee.

Se voglio tradurre libri?

Nel campo delle traduzioni “pure”, i professionisti più blasonati sono probabilmente i traduttori editoriali: si tratta di un ristretto gruppo di esperti che sfoggia orgogliosamente competenze di altissimo livello e che si occupa delle traduzioni di testi letterari verso la propria madrelingua.

A tal proposito, sarebbe bene fare una precisazione: in Europa si prediligono traduzioni e interpretazioni verso la propria madrelingua, cioè verso la lingua che il traduttore ha studiato lungo tutto il suo percorso formativo, dalle scuole elementari all’università. Uno straniero che operi in Italia da molti anni non diventa di madrelingua italiana, sebbene possa dimostrare altissime competenze linguistiche in italiano. Soprattutto nel campo delle traduzioni scritte e dell’interpretazione di conferenza (simultanea e consecutiva) è bene preferire il madrelingua della lingua di arrivo: se devo tradurre dei contratti verso il francese, è bene rivolgermi a un traduttore di madrelingua francese, se devo tradurre verso il russo, contatto un professionista russo. Sfruttando le differenze di prezzo tra il mercato russo e quello italiano, personalmente ho deciso di avvalermi di un collega fidato che risiede in Russia e ha una grande esperienza nel campo della traduzione, specie di contratti e documenti. Perciò a quattro mani lavoriamo sul testo, il madrelingua traduce e in seguito io controllo l’aderenza delle traduzioni in russo all’originale: si tratta di una soluzione ideale che il mercato generalmente non consente e solo per progetti molto importanti i traduttori lavorano in team.

Quando scegliere il madrelingua

Chiaramente la scelta madrelingua/non madrelingua dipende anche da un’infinità di fattori, ad esempio far tradurre in francese un contratto a un professionista di madrelingua italiana che per 10 anni ha tradotto quasi esclusivamente contratti dà garanzie maggiori dell’affidare lo stesso lavoro a un madrelingua francese fresco di laurea. La soluzione ideale resta comunque il lavoro a quattro mani, ma la corsa al ribasso che non garantisce più delle tariffe standard sui 20€ a cartella da 1500 caratteri a persona e che vede molti di noi a lottare contro una concorrenza che dimezza le remunerazioni, rende impraticabili le soluzioni a massima tutela del prodotto finale.

E ciò ci riporta al tema dell’editoria: il mercato delle traduzioni editoriali segue due leggi non scritte:

  • È impossibile incaricare un professionista non madrelingua per tradurre un testo letterario. Solo un folle lo farebbe
  • Spesso i traduttori lavorano in coppia o in team per garantire il controllo costante del risultato

Anche in questo caso, la forma smagliante del settore deve molto alla specificità delle competenze acquisite, cioè al felice ibrido fra una conoscenza approfondita della lingua (per intenderci, non quella che si accumula dopo tre mesi a Londra a fare il cameriere in una pizzeria italiana), degli studi specifici in traduzione e delle competenze teoriche in letteratura straniera.

Inoltre, le traduzioni letterarie per adesso rimangono piuttosto svincolate dai diktat della Machine Translation, non si usano supporti di traduzione automatica e l’importanza del lavoro dell’uomo resta indiscussa. Questo accenno mi consente di entrare in un campo minato che sta sulla bocca di tutti i traduttori: le macchine ci soppianteranno?! La risposta è sì, lo pensano in molti. Seconda domanda: quando quest’apocalisse si abbatterà su di noi? The final countdown è iniziato e sapersi reinventare e puntare sui mestieri ibridi è il primo modo per correre ai ripari. 

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