Di Laurenza Piera –

Il braccio destro di interpreti e traduttori

Qualsiasi interprete o traduttore, che sia in fase di formazione o all’apice della propria carriera, sa bene che lo studio del lessico e della terminologia è alla base della buona riuscita del proprio lavoro, anzi, della propria missione. Sfido chiunque a trovare un interprete che non abbia stilato un buon glossario in vista di una conferenza, in cui sono stati inclusi i termini relativi al settore specifico oggetto del meeting, accanto ad altri che potrebbero risultare utili e funzionali. Tuttavia, a volte sfugge che redigere un “semplice” glossario deriva da una vera e propria scienza.

Innanzitutto, è necessario chiedersi: “Qual è la differenza tra lessicologia e terminologia?”. Come spiegato da Hellmut Riediger (2012), la prima disciplina riguarda “lo studio del lessico in tutte le sue forme”, ed in particolare questa “studia, registra e descrive le parole e i termini, sia del linguaggio generale sia delle lingue speciali”. La terminologia, invece, “studia sistematicamente i concetti e le loro denominazioni, cioè i termini, in uso nelle lingue specialistiche di una scienza, un settore tecnico, un’attività professionale o un gruppo sociale, con l’obiettivo di descriverne e/o prescriverne l’uso corretto”. Oltre alla “descrizione sistematica” dei termini, la terminologia si pone anche l’obiettivo di elaborare risorse terminologiche quali glossari, schede terminologiche e banche dati, di ausilio alla traduzione scritta e orale. Grazie all’utilizzo di questi strumenti, infatti, si garantisce una migliore qualità ed una maggiore quantità, poiché si offre, seppur parzialmente, affidabilità e produttività, attraverso una riduzione del tempo necessario per la traduzione.

Sembrerà strano ai colleghi linguisti ma è un ingegnere ad essere ritenuto il padre della terminologia moderna: si tratta dell’austriaco Eugen Wüster (1898-1977) che, grazie alla sua tesi di dottorato pubblicata nel 1931, ha dato un nuovo slancio alla disciplina, influenzandone il suo sviluppo per secoli. Wüster sognava di raggiungere una lingua univoca per la scienza e la tecnica che contrastasse qualsiasi problematica legata all’ambiguità, e il punto di partenza, il modello, poteva essere proprio il linguaggio tecnico- scientifico. In particolare, Wüster riteneva che la terminologia fosse legata a due aspetti in particolare: da un lato, vi erano i concetti sistematizzati legati ad un ambito specifico, dall’altro, le loro “designazioni”. Insomma, una contrapposizione tra “langue” e “parole”, per dirla in termini saussuriani.

Fu, però, dopo la seconda guerra mondiale, e soprattutto con la cosiddetta terza rivoluzione industriale, che si cominciò a sentire il bisogno di una normazione della terminologia legata all’ambito scientifico- tecnico- tecnologico. Il primo tentativo fu messo a punto a partire dal 1880, grazie alla Commissione Elettronica Internazionale (diventata poi l’attuale Commissione Elettrotecnica Internazionale), che si occupò di redigere un Vocabolario Internazionale Elettrotecnico, pubblicato successivamente nel 1938, ed il cui scopo era quello di unificare la terminologia elettrica. Alla base di quest’opera vi fu la raccolta di documenti di vario tipo elaborati da diversi ingegneri, tra cui lo stesso Wüster. Così, avendo sperimentato in prima persona la necessità di una standardizzazione e normalizzazione di concetti e termini, l’ingegnere austriaco pubblicò nel 1931 la sua tesi di dottorato “Internationale Sprachnormung in der Technik, besonders in der Elektrotechnik” (1931), considerata la pietra miliare per la normazione della terminologia tecnica, nonché punto di partenza di quella che oggi è nota come “Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO)”. Trova ampio consenso l’idea di considerare l’opera di Wüster, comprensiva del suo “The Machine Tool. An Interlingual Dictionary of Basic Concepts” (1968), come la base di metodologie sistematiche, nonché l’inizio del processo che porterà a considerare la terminologia prima come disciplina a sé stante e poi come scienza. Tuttavia, sono le nuove tecnologie ad aver apportato un contributo sempre più significativo. Basti pensare al trattamento automatico della terminologia ed i database multilingue accessibili on-line. Motivo per cui si è arrivati a comprendere in modo tangibile che “There is no knowledge without terminology” (Sauberer, 2011).

Uno strumento particolarmente utile nel mondo della traduzione è la scheda terminologica. Quest’ultima rappresenta il cuore di una qualsiasi raccolta di dati terminologici, che si tratti di un glossario, di una banca dati o di altro. Viene definita come la “parte di una raccolta di dati terminologici che contiene i dati terminologici relativi a un concetto” (ISO 1087-1:2005, A.9). Questo significa che la scheda contiene tutte le informazioni riguardanti un termine, il cui numero varia a seconda della funzione e destinazione della scheda stessa. Tuttavia, i campi da inserire riguardano sia l’aspetto concettuale che linguistico.

Alla base della redazione di una scheda vi è una “ricerca sistematica” (Riediger, 2012), tipica del servizio terminologico di un’istituzione o di un’azienda per creare o gestire una banca dati terminologica. In particolare, solitamente non ci si limita a ricercare l’equivalente di un termine nelle lingue straniere ma vengono consultati diversi documenti riguardanti il dominio specifico (nelle lingue oggetto delle schede) con lo scopo di chiarire al meglio il concetto e giustificare così l’equivalenza.

Come preparare una scheda terminologia? In un primo momento è necessario impostare il proprio lavoro, interrogandosi su dei parametri ben precisi, fra cui:

  • gli obiettivi da raggiungere,
  • i destinatari del lavoro,
  • la delimitazione e strutturazione del dominio di ricerca,
  • le lingue da considerare,
  • la struttura della scheda,
  • le fonti di documentazione disponibili.

Successivamente, si passa alla ricerca dei documenti da cui poter estrapolare la terminologia necessaria. Come spiegato anche da Riediger (2012), “l’estrazione dei candidati termini” può essere effettuata in modo «manuale» oppure «semiautomatico». Nell’ultimo caso vengono utilizzati dei corpora elettronici e programmi quali WordSmith Tools, TextStat, AntConc o strumenti sul web come WebCorp10. Ad esempio, AntConc è un software in grado di generare concordanze da un singolo testo così come da un insieme di file archiviati in una medesima cartella. In questo modo, attraverso le opportune impostazioni e selezioni, è possibile visualizzare i termini presenti nei documenti oggetto di analisi nel loro contesto d’uso e con informazioni circa la loro frequenza all’interno del testo stesso. Una soluzione rapida ed efficiente, dunque, per selezionare i termini più utili e funzionali allo scopo. Un ulteriore passaggio prevede, poi, la ricerca dei documenti in cui ricavare gli equivalenti dei termini selezionati nelle lingue target. Infine, è possibile passare all’elaborazione vera e propria.

Ad oggi, i modelli di schede terminologiche esistenti sono molteplici, vengono elaborati da diversi organismi e si differenziano per l’impostazione della scheda stessa così come dei campi inseriti che, come detto precedentemente, variano a seconda della funzione, destinazione, scopo ed esigenze. Un ottimo punto di riferimento e di paragone può essere il modello elaborato da IATE (InterActive Terminology for Europe), il database comunemente impiegato dalle istituzioni dell’UE per raccogliere, divulgare e gestire in comune la terminologia relativa ai diversi ambiti dell’Unione europea. Tuttavia, ad oggi, non esiste alcun modello che possa essere considerato una base prescrittiva nell’elaborazione di schede e sta dunque al terminologo comprendere le voci da inserire e la struttura da seguire, sempre nel quadro di criteri logici condivisi.

Quali sono le eventuali voci da includere in una scheda? Innanzitutto il “dominio” e “sottodominio”, ovvero il “settore (specialistico) di appartenenza del termine” (Riediger, 2012). Si tratta di un modo per inserire ciascun termine in un “contenitore” ben preciso, ovvero in uno dei tanti cassetti del sapere umano. Successivamente, è possibile indicare la “categoria grammaticale” e la “definizione”, considerata da Riediger l’elemento fondamentale della scheda terminologica e definita come un “enunciato che definisce il concetto e che permette di differenziarlo da altri concetti nell’ambito di un sistema concettuale”. Le definizioni possono essere ricavate da dizionari specialistici e non specialistici monolingue, testi enciclopedici, manuali, testi e documenti ufficiali. È importante fornirne il riferimento in una voce apposita, ovvero la “fonte”. Un altro elemento da inserire è poi il “contesto”, in cui viene riportata una porzione di testo. Molto spesso si tratta di brevi enunciati di senso compiuto, per meglio comprendere il significato del termine in un contesto d’uso (strettamente legato al dominio e sottodominio di appartenenza) e quindi le corrette collocazioni. Non mancano i casi in cui un contesto sia di supporto alla definizione e ne agevoli la comprensione. Talvolta è possibile altresì indicare eventuali sinonimi ed inserire un’immagine che fornisca una spiegazione visiva e immediata del termine.

Dopo aver raccolto i documenti a cui attingere, selezionato i termini, rielaborato il materiale e stabilito i criteri di compilazione delle schede terminologiche, non resta che compilare tali schede e presentarle sotto forma di glossario o database. A tal proposito, è possibile fare uso di software, tra cui Multiterm. Grazie a questo programma è possibile creare schede omogenee in modo rapido. Inoltre, esportando il cosiddetto termbase creato, si può usufruire facilmente delle schede in eventuali lavori di traduzione anche attraverso software come SDL Trados Studio. Come segnalato da Riediger e da altri esperti di terminologia, le schede, una volta terminate, dovrebbero essere sottoposte alla revisione e alla convalida da parte di esperti del settore, che possono valutarne soprattutto la precisione tecnica a livello contenutistico.

Dunque, la scheda terminologica è frutto di un intenso lavoro di ricerca ma costituisce un prezioso strumento nelle mani di chi si ritrova a lavorare nel mondo dell’interpretariato e della traduzione e necessita di risorse non solo utili e funzionali ma anche accurate e dettagliate. Di seguito, si riportano esempi di schede elaborate nel quadro di una ricerca terminologica nell’ambito dell’ingegneria navale, inerente le lingue inglese, italiano e arabo.

Scheda terminologica

Fonti

Carioni, V. Breve introduzione alla terminologia http://farum.it/intro_terminologia/index.php (data di consultazione: luglio- settembre 2018)

Riediger,     H.     (2012).     Cos’è     la     terminologia     e     come     si     fa     un     glossario                     http://www.term- minator.it/corso/doc/mod3_termino_glossa.pdf

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