Di Luisa Magni –

Qualsiasi traduttore, nel corso della propria carriera, o anche solo negli anni di studio, si trova a dover affrontare la traduzione dei realia, che, spesso e volentieri, creano non pochi problemi. Iniziamo col dare una breve definizione: i realia sono tutte quelle parole che esistono solo ed esclusivamente in una data lingua, in quanto strettamente legate a quella precisa cultura. Sono realia, ad esempio, i nomi di alcune pietanze (la nostra “lasagna” non può essere chiamata in altri modi), ma non solo: non esiste un esatto corrispettivo in inglese del nostro “abbiocco” (che, attenzione, non è una semplice sensazione di sonno, ma quella sensazione che arriva dopo una bella mangiata!), e non esiste in italiano un corrispettivo del russo “počemučka”, la bambina che chiede sempre “perché?”.

Come si fa quindi a tradurre un realia? La risposta, per quanto scomoda, è: non si traduce. Perché i realia, in effetti, non vanno tradotti, bensì adattati.

Per farlo si possono adottare svariate tecniche, che devono essere scelte con cura a seconda del contesto. Vediamo alcune strategie esemplificative, ognuna accompagnata dai propri pro e contro.

1. Sostituire il realia con una parola conosciuta nella lingua di arrivo

Possiamo generalizzare il realia utilizzando una parola di uso comune nella lingua di arrivo: una tecnica che, tuttavia, porta nella maggior parte dei casi a un impoverimento della parola. Traducendo, ad esempio, il termine russo “afganec” con “soldato” avremo senza dubbio reso l’idea, ma non avremo spiegato al lettore italiano che in realtà si sta parlando non di un soldato qualunque, ma nello specifico di un soldato che ha prestato servizio nella guerra russo-afghana.

  • Pro: si semplifica la comprensione del testo al lettore di arrivo.
  • Contro: si perde una parte del significato del realia.

2. Lasciare il realia così com’è.

Possono essere mantenuti, ad esempio, i realia che fanno ormai parte anche della cultura di arrivo: nessun italiano si troverebbe mai in difficoltà di fronte alla parola francese “crêpes!

Ma i realia, anche quelli incomprensibili nella lingua di arrivo, possono essere mantenuti anche per dare un po’ di colore locale al testo. In un romanzo russo, una frase come: “per pranzo aveva preparato un bel po’ di okroška” non disturba più di tanto il lettore e, anzi, lo aiuta ad immergersi maggiormente nella realtà russa che sta al centro della storia.

Il rischio in cui si incorre con questa tecnica è esagerare: una frase come “arrivarono il pope con la sua classica rjasa e la nonna, con i suoi soliti valenki, che portava dell’okroška e un po’ di cholodec” potrebbe appesantire il testo e confondere il lettore.

  • Pro: si aggiunge colore locale al testo.
  • Contro: si rischia di appesantire troppo il testo e complicare la comprensione.

3. Aggiungere qualcosa all’interno del testo per esplicitare il realia.

Invece di tradurre una frase con: “non c’era più kvas” si può scrivere: “non c’era più kvas da bere”: una breve aggiunta che non appesantisce il testo e al tempo stesso aiuta il lettore nella comprensione. Un altro esempio può essere il verbo russo “pochmelitsja”, che indica l’azione di bere qualcosa di alcolico la mattina per riprendersi dalla sbronza della sera precedente. Invece di scrivere semplicemente: “lo zio stava bevendo della vodka”, potrebbe essere più efficace una frase come: “lo zio stava bevendo della vodka, come suo solito, per riprendersi dalla sbronza della sera precedente”.

Quando si usa questa tecnica bisogna però fare attenzione a ciò che inseriamo all’interno del testo, che deve sempre essere coerente e plausibile. Se stiamo traducendo dal russo una frase che letteralmente suona come “Mamma, ho portato il kvas!”, non possiamo certamente renderlo con qualcosa del genere: “Mamma, ho portato il kvas, la bevanda tipica dell’Est Europa poco fermentata!”: leggere di un figlio russo che spiega alla madre russa cos’è il kvas è un po’ come leggere di un figlio italiano che spiega alla madre cosa sono le lasagne!

  • Pro: il realia viene spiegato.
  • Contro: è possibile solo quando la spiegazione è breve e coerente all’interno del testo.

4. Aggiungere una nota a piè di pagina.

La nota a piè di pagina non va vista sempre come la sconfitta del traduttore. Può essere l’unica scelta possibile se, traducendo dal russo, un personaggio dice alla propria madre: “Ho consegnato a Nataša le due bottiglie di vodka. Ora possiamo anche sposarci, no? È il kalym!”.

Il kalym è una sorta di “riscatto” che veniva anticamente pagato dall’uomo ai genitori della futura sposa presso alcuni popoli dell’Asia Centrale: come visto poco sopra, inserire qua una spiegazione del realia all’interno del testo non funzionerebbe, ma abbiamo comunque l’assoluta necessità di spiegarne il significato che, altrimenti, rimarrebbe totalmente oscuro al lettore italiano.

  • Pro: il termine viene spiegato in maniera chiara al lettore.
  • Contro: le note a piè di pagina tendono a rallentare la lettura.

Dalla sola osservazione di questi pochi esempi risulta evidente che le tecniche per (non) tradurre i realia sono molteplici e tutte ugualmente valide, ma devono essere scelte con cura a seconda della situazione. Come si sente spesso dire ai traduttori: dipende dal contesto!

One Reply to “I realia: come (non) tradurli”

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